Nell’approccio alla filosofia medievale saltano subito all’occhio due elementi problematici. Il Medioevo è un periodo estremamente esteso nel tempo e l’etichetta assegnata a tale età è posta successivamente per dare un senso d’insieme a dieci-quindici secoli di storia e di storia del pensiero profondamente diversi, ma con un elemento di fondo in comune. L'etichetta apposta al Medioevo fa sì che questa età venga definita per viam negationis: un'età di mezzo, al centro di altre due età che si definiscono, invece, più nel merito. Il Medioevo non ha un'identità precisa o, meglio, l’identità del Medioevo è data proprio dal suo essere un’età di passaggio: tra l'età antica dell'eccellenza e l'età moderna della rinascita, che si proietta verso un'affermazione totale delle possibilità della ragione.
Questo tipo di impostazione è quella prevalente nella storiografia illuministica, che ha voluto vedere nell'età antica la nascita della razionalità occidentale, nell'età medievale un suo abbattimento in tutti i settori culturali, e nella modernità la sua rinascita. In questa prospettiva non si può parlare di una vera e propria filosofia medievale: se la filosofia è per definizione l'utilizzo di una metodologia razionale ai suoi massimi livelli, la "filosofia medievale" appare come una contraddizione.