️L'Idealismo

Da Kant a Fichte e Schelling

1. L'Idealismo in generale: Il contesto post-kantiano

L'Idealismo, in termini generali, è qualsiasi filosofia che affermi il primato dello spirito, della coscienza o del pensiero (l'Idea) sulla materia (la realtà esterna). Non è la materia a determinare il pensiero, ma il pensiero a "costituire" o determinare la realtà.

Il problema lasciato da Kant:

Kant aveva stabilito che noi non conosciamo la realtà "come è in sé" (il noumeno o cosa in sé), ma solo "come appare a noi" (il fenomeno), attraverso le nostre strutture a priori (spazio, tempo, categorie dell'intelletto).

  • Il punto di forza (per gli idealisti): il soggetto (l'Io) è il legislatore della natura. È la nostra mente che organizza il mondo.
  • Il punto debole (per gli idealisti): Kant ha mantenuto un "residuo" problematico: il noumeno. Questa "cosa in sé", esterna e inconoscibile, è ciò che (secondo Kant) "causa" le nostre sensazioni.

Gli idealisti post-kantiani (Fichte, Schelling, Hegel) vedono questo noumeno come un controsenso. Se è totalmente inconoscibile, come possiamo perfino dire che esiste o che causa qualcosa? L'obiettivo dell'Idealismo tedesco è risolvere questo dualismo. L'obiettivo è "assolutizzare" il soggetto kantiano, eliminando la cosa in sé e riconducendo tutta la realtà all'attività del pensiero o dello Spirito.

2. Johann Gottlieb Fichte (1762-1814): l'Idealismo soggettivo (o etico)

Fichte è il primo grande erede di Kant e porta l'idealismo alle sue estreme conseguenze soggettive. Per lui, il dualismo kantiano va eliminato: non esiste alcuna "cosa in sé" esterna all'Io. Tutto deve derivare dall'attività pura del soggetto.

La sua opera fondamentale è la Dottrina della Scienza (Wissenschaftslehre). Fichte cerca il "principio primo" auto-evidente su cui fondare tutto il sapere. Questo principio è l'autocoscienza.

I tre principi fondamentali

  • L'Io pone se stesso (tesi): il punto di partenza assoluto. È l'attività pura, l'autocoscienza che si crea da sé. È un atto di libertà incondizionata. Questo è l'Io (Ich) assoluto e infinito.
  • L'Io pone il Non-Io (antitesi): per potersi realizzare, l'Io infinito deve scontrarsi con un limite. Non può esserci coscienza di "sé" senza coscienza di "altro". L'Io, quindi, inconsciamente crea, "pone" davanti a sé, il Non-Io (Nicht-Ich). Cos'è il Non-Io? È la natura, il mondo materiale, l'ostacolo.
  • L'Io oppone, nell'Io, all'io divisibile un non-io divisibile (sintesi): questo è il mondo della nostra esperienza concreta. L'Io infinito si "frammenta" in tanti "io finiti" (noi, gli individui) e il Non-Io infinito si frammenta in tanti "oggetti finiti" (le cose del mondo). Noi, come "io finiti", sperimentiamo il mondo (il Non-Io) come un limite reale.
  • Il primato dell'etica

    Perché l'Io crea il Non-Io? Per quale scopo? La risposta di Fichte è morale. L'Io pone il Non-Io (la natura, l'ostacolo) per avere qualcosa da superare. La natura non è altro che il "materiale" del nostro dovere morale.

    La vita umana è uno Streben (uno sforzo, una tensione) infinito per superare il limite del Non-Io, per "spiritualizzare" la natura, per affermare la propria libertà. Non raggiungeremo mai l'infinito (sarebbe la morte della coscienza), ma il senso della vita sta nello sforzo stesso.

    L'applicazione politica: i "Discorsi alla nazione tedesca"

    Un'importante applicazione politica di questa filosofia etica si trova nei Discorsi alla nazione tedesca (1807-1808). Pronunciati a Berlino sotto l'occupazione napoleonica (seguita alla disfatta prussiana di Jena), questi discorsi sono un appello appassionato al risveglio nazionale.

    Fichte trasferisce il concetto di "Io" dal piano individuale a quello collettivo della nazione. Egli sostiene che il popolo tedesco, avendo mantenuto la purezza della propria lingua (a differenza dei popoli neolatini che adottarono il latino), sia l'"Urvolk" (popolo originario) e abbia una missione spirituale: realizzare la vera libertà e la filosofia idealista.

    Il superamento dell'ostacolo (il "Non-Io", ora identificato con l'invasore francese e la sua cultura illuminista) non è un compito solo militare, ma principalmente pedagogico. La nazione deve "farsi" attraverso una nuova educazione nazionale che la renda consapevole della sua missione e della sua superiorità spirituale. Lo Streben etico diventa qui uno sforzo politico e culturale.

    In sintesi: tutta la realtà è un prodotto dell'Io. La natura (il Non-Io) esiste solo come palcoscenico per l'azione morale dell'Io. Questa azione non è solo individuale ma anche collettiva (la Nazione), e si realizza attraverso lo sforzo (Streben) e l'educazione.

    3. Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (1775-1854): l'Idealismo oggettivo (o estetico)

    Schelling fu prima allievo di Fichte, poi suo critico. Pur partendo dalle stesse premesse (superare il dualismo kantiano), Schelling trova la soluzione di Fichte insoddisfacente.

    La critica a Fichte: Fichte ha ridotto la Natura (il Non-Io) a un semplice "ostacolo" per l'Io, un oggetto morto che serve solo alla nostra morale.

    Schelling, influenzato anche dagli studi scientifici (galvanismo, magnetismo) e dal Romanticismo, vuole ridare dignità alla Natura.

    Fase 1. La Filosofia della Natura (Naturphilosophie)

    Per Schelling, la Natura non è materia inerte. È "spirito addormentato" o "intelligenza inconscia". È un organismo vivente, dinamico, che possiede una sua spiritualità. La Natura è strutturata secondo polarità (come i poli di un magnete: attrazione/repulsione). In essa agisce un principio spirituale inconscio che cerca di emergere, evolvendosi dalla materia inorganica, alla vita, fino alla coscienza (l'uomo).

    • La Natura è l'Odissea dello Spirito: è lo Spirito che, uscendo da sé, si fa oggettivo (Natura) per poi, gradualmente, tornare a sé come coscienza (Io).

    Fase 2. L'Idealismo trascendentale

    Questa è la visione speculare. Se la Natura è "spirito visibile", l'Io (la coscienza) è "natura invisibile". Qui Schelling descrive il percorso inverso: come lo Spirito, partendo dalla sensazione, giunge all'autocoscienza e alla volontà.

    Fase 3. La Filosofia dell'Identità (il culmine)

    Schelling unifica le due fasi. Fichte aveva detto: Io > Natura. Schelling dice: Io = Natura.

    Esiste un principio unitario, l'Assoluto, che è la perfetta identità di Spirito e Natura (Soggetto e Oggetto).

    Spirito e Natura non sono due cose diverse, ma i due "poli" della stessa realtà (l'Assoluto).

    • Se guardiamo l'Assoluto dal lato oggettivo, vediamo la Natura (che tende alla coscienza).
    • Se guardiamo l'Assoluto dal lato soggettivo, vediamo lo Spirito (l'Io, che si riconosce nella natura).

    L'organo della Filosofia: l'arte

    Se l'Assoluto è questa identità indifferenziata, come possiamo coglierlo? Schelling dà la risposta più romantica: l'organo per cogliere l'Assoluto è l'intuizione estetica, ovvero l'Arte.

    Perché? Perché nell'opera d'arte si fondono perfettamente:

    1. Un elemento inconscio (l'ispirazione, il "genio", la Natura che parla attraverso l'artista).
    2. Un elemento conscio (la tecnica, la volontà, lo Spirito dell'artista che plasma la materia).

    L'opera d'arte è la sintesi perfetta, visibile e finita, dell'identità infinita di Spirito e Natura. È la "rivelazione" dell'Assoluto.

    In sintesi: l'Assoluto è l'identità di Soggetto e Oggetto (Natura e Spirito). La Natura è spirito vivente e inconscio. L'arte è lo strumento supremo per cogliere questa unità.

    4. Riepilogo conclusivo

    • Fichte (Idealismo soggettivo): l'Io crea il Non-Io (Natura) come ostacolo per realizzare la propria libertà morale. (Focus: Etica, Politica).
    • Schelling (Idealismo oggettivo): l'Assoluto è l'identità di Io e Natura. La Natura è spirito vivo quanto l'Io. (Focus: Estetica e Natura).

    Schelling apre la porta al culmine dell'idealismo, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, che criticherà l'Assoluto di Schelling come una "notte in cui tutte le vacche sono nere" (cioè troppo indifferenziato) e proporrà un Assoluto che si realizza dialetticamente attraverso la Storia e la Logica.