Prima lezione di filosofia della scienza

Un percorso interdisciplinare dal principio dei presocratici ai paradigmi della scienza contemporanea

1. Introduzione

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Il problema del principio: dall'origine al fondamento

Una delle questioni fondamentali nella storia del pensiero occidentale è il problema del Principio o ἀρχή (archē). Si tratta di un'indagine epistemologica su come fondare la conoscenza e spiegare la struttura della realtà. Il concetto di principio si evolve da un'origine fisica a un fondamento logico, fino a diventare un profondo paradosso filosofico.

Il punto di partenza è la transizione dal μύθος al λόγος. Al racconto mitico di poeti come Esiodo, la filosofia contrappone una spiegazione astratta e razionale. Per fare ciò, è necessario identificare gli "elementi" fondamentali, gli στοιχεῖα (stoicheia), che costituiscono il mondo.

Parte 1. La ricerca presocratica dell'inizio

Aristotele inquadrò retroattivamente i Presocratici come pensatori alla ricerca delle cause e dei principi della realtà. Talete identificò l'acqua come elemento fondante (stoicheion), un primo tentativo di trovare una causa materiale. Anassimandro compì un salto verso l'astrazione con l'ἄπειρον (apeiron), l'illimitato e indeterminato, che precede logicamente ogni determinazione e da cui il Principio è separato.

Parte 2. La sfida parmenidea al principio stesso

Parmenide attuò un passaggio radicale dall'osservazione empirica alla pura logica astratta. La sua argomentazione è che "L'essere è, e non può non essere". Da ciò, concluse che la realtà è una, eterna e immutabile. Il concetto di archē è quindi privo di senso, perché implica un divenire. La sua dichiarazione, "è infatti la stessa cosa pensare ed essere", stabilisce una rigida identità tra realtà e puro pensiero.

Parte 3. La rifondazione platonica del principio

Platone accettò la sfida parmenidea con l'obiettivo di "salvare i fenomeni". Nel Sofista, sostenne che il non-essere può esistere come differenza o alterità. Questo sposta il significato di archē da inizio temporale a fondamento logico. Il compito filosofico diventa λόγον διδόναι — rendere ragione delle cose fondandole nelle Idee. Nella Repubblica, egli ascende fino a un principio non ipotetico, l'Idea del Bene, che è "al di là dell'essenza" e fondamento ultimo di realtà e conoscenza.

Parte 4. La sistematizzazione di Aristotele e il culmine di Hegel

Aristotele riportò la discussione sui principi al mondo empirico. Per lui, il mondo è eterno e non necessita di un'origine trascendente. Egli equipara archē ad αἰτία (causa), e il suo principio supremo, il Motore Immobile, è una causa finale. Hegel, nella Scienza della Logica, tentò la sintesi definitiva: l'inizio assoluto è il Puro Essere, che, essendo totalmente indeterminato, è identico al Puro Nulla. La verità di entrambi è il loro movimento dinamico, il Divenire. L'archē non è più una cosa, ma il processo stesso del movimento dialettico.

2. Analisi dei testi filosofici

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Anassimandro e l'origine astratta

Testo chiave: il frammento di Anassimandro
«nelle cose dalle quali v’è generazione, per le cose che sono [per gli enti, gli στοιχεῖα, appunto] viene a sussistere la dissoluzione secondo l’ordine della necessità: e infatti gli enti (è necessario che) paghino il fio dell’ingiustizia che hanno compiuto gli uni verso gli altri secondo l’ordine del tempo».

Commento al testo: questo frammento, riportato da Simplicio, stabilisce due punti fondamentali. Primo, l'origine e la fine delle cose sono regolate da un ordine necessario. Secondo, introduce una dimensione etica: l'esistenza stessa, il "determinarsi" di un ente, è una sorta di "ingiustizia" o "colpa" che deve essere espiata con il ritorno all'unità originaria.

Parmenide e la sfida al principio

Testo chiave: i sentieri della verità e dell'errore
La sua argomentazione è lapidaria: l'Essere è e non può non essere, mentre il non-essere non è. I mortali comuni sono definiti "a due teste" perché confondono questi due sentieri, «considerano l’essere come il non essere e viceversa, cioè dicono che c’è il divenire, che il divenire è e non è».

Commento al testo: Parmenide nega radicalmente la validità del mondo sensibile. Se solo l'Essere "è", un inizio o un principio è un concetto illogico, perché implicherebbe un passaggio dal non-essere all'essere.

Testo chiave: essere e pensiero
«è infatti la stessa cosa pensare ed essere».

Commento al testo: questa affermazione è il cuore della rivoluzione parmenidea. La realtà non si trova nell'esperienza, ma nella coerenza del pensiero puro. L'Essere è ciò che il pensiero può pensare senza contraddizione.

Platone e il principio anipotetico

Testo chiave: oltre le ipotesi matematiche
Il filosofo «considera le ipotesi come vere ipotesi, non come principi». Deve risalire a un «sapere dove trovano ulteriore giustificazione da cui prendono forma i saperi matematici». Questo sapere superiore conduce a un principio anipotetico, cioè "non ipotetico", che non ha bisogno di essere fondato da altro.

Commento al testo: questo principio è l'Idea del Bene. Esso è il fondamento ultimo della conoscenza e della realtà. Platone arriva a dire che il Bene è "al di là dell'essenza", perché è la fonte stessa di ogni essere ed essenza.

Aristotele e la scienza delle cause

Testo chiave: la definizione della sapienza (σοφία)
Nel I libro della Metafisica, Aristotele afferma: «è evidente che la sapienza è scienza di determinati principi e cause».

Commento al testo: Aristotele equipara archē e αἰτία (causa). La sua "filosofia prima" è la scienza delle "cause prime". Il suo principio supremo, il Motore Immobile, non è una causa efficiente, ma una causa finale.

Hegel e il principio come divenire

Testo chiave: l'inizio nella Logica
Il cominciamento della scienza deve essere un «immediato indeterminato». Questo concetto, il più astratto possibile, è il Puro Essere. «Essendo indeterminato è privo di qualità, [...] una immediatezza talmente originaria che non contiene nulla e non contenendo nulla è nulla».

Commento al testo: qui Hegel compie il suo passo più audace. L'identità tra Essere e Nulla non è una paralisi del pensiero, ma il motore del pensiero stesso. La verità dei due concetti è la loro unità dinamica, il loro continuo trapassare l'uno nell'altro: il Divenire.

3. Il paradigma scientifico di Aristotele

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La scienza delle cause e della sostanza

A differenza di Platone, che aveva posto il fondamento della conoscenza in un mondo trascendente, Aristotele riporta la scienza nel mondo fisico, immanente. Il suo approccio è sistematico e mira a spiegare la realtà così come la percepiamo.

Il principio (ἀρχή) come causa (αἰτία)

Testo chiave: la definizione della sapienza (σοφία)
Nel I libro della Metafisica, Aristotele chiarisce l'oggetto della "filosofia prima": «è evidente che la sapienza è scienza di determinati principi e cause». L'ἀρχή «è un principio in senso reale, fattuale, produttivo».

Commento al testo: la scienza aristotelica non si chiede "da dove" venga il mondo (per lui eterno), ma "perché" le cose sono come sono. Rispondere significa individuarne le quattro cause (materiale, formale, efficiente e finale).

La struttura della scienza: dall'universale al particolare

Testo chiave: l'oggetto della scienza
Aristotele afferma che «massimamente conoscibili sono i principi primi e le cause originarie e infatti attraverso queste e a partire da queste vengono conosciute le altre cose». La sua logica «è uno strumento che rispecchia le strutture più profonde della realtà».

Commento al testo: il modello aristotelico è deduttivo. La conoscenza vera deriva dalla capacità di ricondurre i fenomeni particolari a principi universali e causali. La realtà «ha in sé la sua ragion d'essere».

Il cambio di paradigma: Kuhn e la funzione della scienza

Secondo Thomas Kuhn, i modelli scientifici (i "paradigmi") non sono scelti perché veri in assoluto, ma perché offrono una «spiegazione facilitata». Lo scopo della scienza è una «reductio ad unum», ricondurre la complessità a una spiegazione unitaria. Il modello aristotelico fu dominante per secoli proprio perché offriva una spiegazione potente e unitaria della realtà.

La distinzione tra sostanza e funzione, analizzata da filosofi come Cassirer, è cruciale. La filosofia si chiede "perché" le cose sono (cerca la sostanza). La scienza moderna, invece, «interpreta la realtà come funzione, ma perché funziona non lo chiede». La scienza aristotelica è qualitativa ed essenzialista, mentre la scienza moderna si concentrerà sul "come" funzionale, descritto da leggi matematiche.

4. La rivoluzione: Aristotele vs. Galileo

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Il cambio di paradigma: dal mondo di Aristotele all'universo di Galileo

Per quasi duemila anni, il sistema aristotelico ha fornito una spiegazione completa del cosmo come mondo finito, gerarchico e finalistico. Galileo rovescia completamente questa prospettiva, instaurando un metodo e una visione del mondo radicalmente nuovi.

Le differenze fondamentali tra i due modelli

Caratteristica Modello aristotelico Modello galileiano (scienza moderna)
Scopo della scienza Spiegare il "perché" (causa finale). Un sapere qualitativo. Descrivere il "come" (legge funzionale). Un sapere quantitativo.
Metodo di indagine Logico-deduttivo, basato sull'osservazione non controllata. Sperimentale e matematico ("sensate esperienze" e "necessarie dimostrazioni").
Linguaggio della natura Linguaggio della logica e della filosofia (sostanza, atto, potenza). Linguaggio della matematica.
Concezione del moto Richiede una causa continua. La quiete è lo stato naturale. Introduce il principio di inerzia. La quiete è un caso particolare del moto.
Visione del cosmo Chiuso, gerarchico e qualitativamente differenziato (mondo sublunare vs. celeste). Aperto, uniforme e retto dalle stesse leggi fisiche ovunque.

L'abbandono della sostanza per la funzione

Galileo non si chiede perché la pietra cade, ma come cade. La risposta non è un concetto filosofico, ma una formula matematica (s = ½gt²). L'essenza della pietra è irrilevante; ciò che conta è la legge funzionale che ne descrive il moto.

La rivoluzione metodologica

La vera rivoluzione di Galileo è nel metodo. Mentre Aristotele osserva la natura, Galileo la interroga attraverso l'esperimento artificiale e controllato. Il passaggio da Aristotele a Galileo non è un'evoluzione, ma una frattura, una rivoluzione scientifica nel senso più pieno del termine, come descritto da Kuhn.

5. Il criterio di demarcazione di Popper

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Il criterio di falsificabilità

Dopo la rivoluzione galileiana, sorse una domanda cruciale: cosa distingue la scienza dalla non-scienza? Il filosofo Karl Popper affrontò questo "problema della demarcazione".

Dalla verifica alla falsificazione

Il pensiero dominante dell'epoca (il neopositivismo) sosteneva che una teoria è scientifica se può essere "verificata". Popper rovesciò questa prospettiva, sostenendo che la verifica è logicamente impossibile. La sua argomentazione si basa su una semplice asimmetria logica:

  • Nessun numero di osservazioni di cigni bianchi può provare che "tutti i cigni sono bianchi".
  • L'osservazione di un solo cigno nero è sufficiente a confutare (falsificare) tale affermazione.

Da ciò, Popper concluse che il criterio di scientificità di una teoria non è la sua verificabilità, ma la sua falsificabilità.

Una teoria è scientifica se e solo se può essere potenzialmente smentita dall'esperienza. Deve fare previsioni rischiose che, se non si avverano, ne dimostrano la falsità.

Una teoria che può spiegare ogni possibile evento, senza poter mai essere contraddetta, non è una teoria scientifica, ma un dogma. Per Popper, teorie come la psicoanalisi erano pseudoscienze proprio per questo motivo: erano così flessibili da poter reinterpretare ogni evento come una conferma, senza mai esporsi al rischio di una smentita.

La scienza come processo di congetture e confutazioni

La teoria di Popper dà una struttura logica precisa al metodo sperimentale. Un esperimento non serve a "confermare" una teoria, ma a metterla alla prova nel modo più severo possibile. La scienza progredisce per congetture e confutazioni: lo scienziato propone un'ipotesi audace e la comunità scientifica cerca di demolirla con esperimenti rigorosi. In questa visione, la conoscenza scientifica non è mai assoluta o certa, ma è un edificio in costante correzione, la cui forza sta nella sua capacità di eliminare gli errori.

6. Oltre Galileo: i paradigmi della scienza contemporanea

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1. I grandi cambiamenti di paradigma dopo Galilei

Il modello di Galileo e Newton (meccanica classica) dominò per oltre due secoli, descrivendo un universo deterministico come un grande orologio. All'inizio del XX secolo, due rivoluzioni hanno frantumato questo paradigma.

A) La relatività di Einstein

Einstein smantella i concetti di spazio e tempo assoluti. Essi diventano relativi all'osservatore e formano un'unica entità, lo spaziotempo, la cui geometria è deformata dalla massa. È un cambio di paradigma perché abbandona l'evidenza immediata e fornisce una nuova, più profonda unificazione per la gravità e il moto.

B) La meccanica quantistica

Questa è la rivoluzione più radicale. A livello subatomico, la realtà cessa di essere deterministica e diventa intrinsecamente probabilistica. Il principio di indeterminazione e il ruolo attivo dell'osservatore nella misurazione scardinano i pilastri della fisica classica. Il grande problema irrisolto è «far quadrare le diverse prospettive in un’unica grande teoria che le comprenda tutte», la moderna ricerca di una «reductio ad unum».

2. La scienza contemporanea funziona ancora come quella di Galileo?

Le fondamenta galileiane rimangono, ma l'edificio costruito sopra è immensamente più complesso.

Cosa rimane del modello galileiano (l'eredità)

  • Il linguaggio matematico: è più fondamentale che mai.
  • Il metodo sperimentale: è ancora il tribunale supremo che giudica la validità di una teoria.
  • L'universalità delle leggi: la ricerca di leggi valide ovunque rimane l'obiettivo primario.

Cosa è cambiato

  • Dalla certezza alla probabilità: la meccanica quantistica ha introdotto la probabilità al cuore della realtà fisica.
  • L'emergere della complessità: la scienza oggi affronta sistemi complessi (clima, cervello), dove le interazioni creano comportamenti emergenti e non sempre prevedibili (teoria del caos).
  • Il terzo pilastro, la simulazione computazionale: accanto a teoria ed esperimento, la simulazione al computer è diventata uno strumento indispensabile.
  • "Big Science": la scienza è diventata un'impresa collettiva e istituzionalizzata, condotta da enormi collaborazioni internazionali.

In conclusione, la scienza contemporanea è ancora profondamente galileiana nel suo metodo fondamentale, ma ha dovuto abbandonare la visione del mondo semplice e meccanicistica che ne era scaturita, abbracciando l'indeterminazione, la probabilità e la complessità.

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