Il disegno egemonico di Carlo V e l'eredità di Filippo II

Carlo V d'Asburgo (1500-1558) fu l'ultimo sovrano del Rinascimento a coltivare il sogno medievale di una monarchia universale cristiana. Il suo "disegno egemonico" non era solo un progetto di espansione territoriale, ma un complesso intreccio di ambizioni politiche e doveri religiosi.

Per comprendere il suo progetto, è fondamentale partire dalla sua eredità. Grazie a un'accorta politica matrimoniale dei suoi avi, Carlo si trovò a governare su un impero vastissimo:

  • Dai nonni materni, Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, ereditò la Spagna, con i suoi possedimenti italiani (Regno di Napoli, Sicilia, Sardegna) e le immense colonie americane.
  • Dai nonni paterni, Massimiliano I d'Asburgo e Maria di Borgogna, ricevette i domini asburgici in Austria, i Paesi Bassi, la Franca Contea e il diritto alla candidatura per il Sacro Romano Impero, titolo che ottenne nel 1519.

Questo immenso e disomogeneo insieme di territori poneva Carlo al centro della politica europea, ma lo esponeva anche a innumerevoli minacce.

Il disegno di Carlo V si fondava su due pilastri principali:

  • Egemonia politico-militare: affermare la superiorità della casa d'Asburgo su tutte le altre potenze europee, in particolare sulla Francia dei Valois. L'obiettivo era creare un sistema di stati satellite e garantire la pace attraverso la propria indiscussa autorità.
  • Unità religiosa: in qualità di Imperatore del Sacro Romano Impero e devoto cattolico, Carlo si sentiva investito della missione di difendere la cristianità. Questo significava combattere l'espansione dell'Impero Ottomano nei Balcani e nel Mediterraneo e, soprattutto, reprimere la nascente Riforma Protestante di Martin Lutero, che minacciava di spezzare l'unità religiosa dell'Europa e del suo stesso impero.

Il suo progetto era anacronistico: l'Europa stava andando nella direzione opposta, verso la formazione di moderni stati nazionali che non accettavano alcuna autorità superiore.

La penisola italiana, frammentata politicamente ma ricca e strategicamente cruciale, divenne il principale teatro dello scontro tra Carlo V e il suo grande rivale, il re di Francia Francesco I di Valois. Per Carlo, il controllo dell'Italia, in particolare del Ducato di Milano, era fondamentale per collegare i domini spagnoli a quelli tedeschi.

Fasi salienti del conflitto (1521-1559)

  • Prima fase (1521-1526): Carlo V si allea con il Papa e l'Inghilterra contro la Francia. Il momento decisivo è la Battaglia di Pavia (1525), dove le truppe imperiali sconfiggono duramente i francesi e catturano lo stesso Francesco I. Il re francese è costretto a firmare il Trattato di Madrid (1526), con cui rinuncia a Milano e alla Borgogna.
  • La Lega di Cognac e il Sacco di Roma (1527): una volta liberato, Francesco I ripudia il trattato e organizza una coalizione anti-asburgica, la Lega di Cognac, a cui aderiscono anche Papa Clemente VII, Firenze e Venezia, preoccupati dall'eccessivo potere di Carlo V. La reazione dell'imperatore fu spietata. Nel 1527, un'armata di mercenari tedeschi al suo servizio, i lanzichenecchi, rimasti senza paga, scesero in Italia e saccheggiarono brutalmente Roma. L'evento, noto come il "Sacco di Roma", ebbe un'eco enorme in tutta Europa, simboleggiando la crisi del papato e la sottomissione dell'Italia al potere imperiale.
  • Pace e incoronazione: nel 1529, con la Pace di Cambrai (detta anche "Pace delle due Dame"), si giunse a un compromesso: la Francia rinunciava all'Italia, ma manteneva la Borgogna. Nel 1530, a Bologna, Papa Clemente VII, ormai riconciliato con l'imperatore, incoronò Carlo V Re d'Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero, un gesto che sancì formalmente l'egemonia asburgica sulla penisola.
  • Fasi successive e la pace finale: le guerre in Italia continuarono a intermittenza per altri decenni, anche con i successori di Carlo V e Francesco I. La fine definitiva del conflitto arriverà solo nel 1559 con la Pace di Cateau-Cambrésis. Questo trattato segnò il trionfo della Spagna: le fu riconosciuto il dominio diretto su Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna e lo Stato dei Presidi. L'Italia, per oltre un secolo e mezzo, divenne una periferia dell'impero spagnolo.

1. La minaccia ottomana

L'Impero Ottomano, guidato dal sultano Solimano il Magnifico, rappresentava una seria minaccia:

  • Nei Balcani: gli ottomani avanzavano nell'Europa orientale, arrivando ad assediare Vienna nel 1529.
  • Nel Mediterraneo: i pirati barbareschi, vassalli del sultano, infestavano le coste spagnole e italiane, rendendo insicura la navigazione.

Carlo V si impegnò personalmente nella lotta, guidando spedizioni come quella (fallimentare) di Algeri. Questo conflitto ebbe una conseguenza inaspettata: la Francia di Francesco I, pur essendo un regno cristiano, non esitò ad allearsi con Solimano in funzione anti-asburgica, un'alleanza che scandalizzò la cristianità ma che dimostrava come le logiche della politica di potenza stessero ormai soppiantando gli ideali religiosi universali.

2. La Riforma protestante in Germania

La sfida più grande e logorante per Carlo V venne proprio dal cuore del suo impero. Nel 1517, Martin Lutero aveva dato il via alla Riforma Protestante.

  • Ragioni politiche: molti principi tedeschi aderirono alla Riforma non solo per convinzioni religiose, ma anche per ragioni politiche ed economiche: volevano rendersi autonomi dall'autorità dell'imperatore e incamerare i vasti beni della Chiesa.
  • Tentativi di riconciliazione: Carlo V cercò a lungo una soluzione di compromesso, convocando diverse Diete (come quella di Worms nel 1521) per tentare di ricucire lo strappo.
  • La guerra: falliti i tentativi di dialogo, si arrivò allo scontro armato. I principi protestanti formarono un'alleanza militare, la Lega di Smalcalda. Carlo V li sconfisse nella Battaglia di Mühlberg (1547), ma la vittoria fu effimera. La frattura religiosa era ormai troppo profonda e godeva di vasto sostegno.

Alla metà del secolo, Carlo V, stanco e malato, dovette prendere atto del fallimento del suo progetto universalistico. L'Europa era ormai irrimediabilmente divisa.

  • La Pace di Augusta (1555): fu costretto a firmare questa pace con i principi protestanti, che sanciva un principio rivoluzionario: cuius regio, eius religio ("di chi è la regione, di lui sia la religione"). I principi potevano scegliere la confessione (cattolica o luterana) per il proprio territorio, e i sudditi dovevano adeguarsi. Era la fine dell'unità religiosa dell'Impero.

Consapevole che il suo immenso dominio non poteva essere governato da un solo uomo, tra il 1555 e il 1556 Carlo V abdicò, dividendo i suoi possedimenti:

  • Al figlio Filippo II lasciò la Spagna, i Paesi Bassi, i domini italiani e le colonie americane.
  • Al fratello Ferdinando I lasciò i domini ereditari degli Asburgo in Austria e il titolo di Imperatore.

Si ritirò infine nel monastero di Yuste, in Spagna, dove morì nel 1558. La sua abdicazione segnò simbolicamente la fine di un'era e l'inizio di una nuova Europa, dominata non più da un impero universale, ma da un equilibrio di potenti stati nazionali.

Filippo II (1527-1598) ereditò dal padre non un impero universale, ma un regno incentrato sulla Spagna. A differenza di Carlo V, che era un sovrano itinerante, Filippo fu un monarca stanziale. Stabilì la capitale a Madrid e da lì, attraverso un imponente apparato burocratico, governò i suoi vasti domini.

Il suo regno fu la continuazione, ma anche la trasformazione, del progetto paterno:

  • Il difensore della fede cattolica: Filippo si considerò il braccio armato della Controriforma. La sua politica fu guidata da un'inflessibile ortodossia religiosa, che lo portò a combattere l'Impero Ottomano (celebre la vittoria nella Battaglia di Lepanto, 1571), a reprimere le minoranze religiose in Spagna (i moriscos) e a scontrarsi con l'Inghilterra protestante di Elisabetta I (con il disastro dell'Invincibile Armata nel 1588).
  • La centralizzazione del potere: rafforzò l'autorità monarchica e l'apparato burocratico, ma questo creò tensioni nei territori abituati a una maggiore autonomia, come i Paesi Bassi.
  • Le difficoltà economiche: nonostante l'enorme flusso di oro e argento dalle Americhe, il regno di Filippo II fu segnato da continue guerre e da un indebitamento cronico. I costi per mantenere gli eserciti, come quello impegnato a sedare la rivolta dei Paesi Bassi, lo costrinsero a dichiarare più volte bancarotta e a dipendere, proprio come suo padre, dai prestiti dei grandi banchieri europei.

Se Carlo V sognava un impero universale e pacificato sotto un'unica fede, Filippo II lottò per mantenere e difendere un impero spagnolo e cattolico in un'Europa ormai lacerata da conflitti religiosi e nazionali.

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