1. Il metodo: fides quaerens intellectum
Il cuore del pensiero anselmiano e il suo intero programma filosofico sono riassunti in due motti latini che definiscono il rapporto tra fede e ragione.
a) Credo ut intelligam (credo per capire)
- Questo motto, ripreso da Agostino, stabilisce una priorità della fede. Per Anselmo, la fede non è il punto d'arrivo dell'indagine razionale, ma il suo punto di partenza e il suo fondamento.
- Non si tratta di un fideismo cieco (un "credo perché è assurdo"). Al contrario, la fede è la luce che permette alla ragione di vedere correttamente. Senza la rivelazione, la ragione umana, limitata dal peccato, brancolerebbe nel buio.
- La verità (rivelata) è già posseduta per fede; la filosofia serve a portarla alla luce dell'intelletto.
b) Fides quaerens intellectum (la fede che cerca l'intelletto)
- Questa è la formula più celebre di Anselmo e il titolo di una sua opera (il Proslogion).
- Significa che la fede non è passiva, ma dinamica: ha un bisogno intrinseco di essere compresa. Il credente desidera comprendere razionalmente ciò che già crede fermamente.
- L'obiettivo non è dimostrare la fede a chi non crede (anche se le sue argomentazioni avranno questa funzione), ma di illuminare il contenuto della fede per chi già crede. La ragione è vista come lo strumento per esplorare la coerenza, la necessità e la bellezza delle verità di fede.
Nota: è cruciale capire questo punto. Anselmo non è un razionalista moderno. Non mette la ragione sopra la fede. Piuttosto, usa la ragione all'interno dell'orizzonte tracciato dalla fede. Cerca le "ragioni necessarie" (rationes necessariae) dei dogmi.
2. Le prove a posteriori: l'esistenza di Dio nel Monologion
Prima di formulare l'argomento ontologico (a priori) del Proslogion, Anselmo aveva esplorato la via a posteriori nel Monologion (Soliloquio). In quest'opera, egli cerca di dimostrare l'esistenza e gli attributi di Dio partendo dall'esperienza del mondo sensibile.
L'obiettivo è lo stesso (fides quaerens intellectum), ma il metodo è diverso. Anselmo parte dall'osservazione delle cose create per risalire alla Causa prima, seguendo un'impostazione platonico-agostiniana (basata sui "gradi di perfezione").
1. L'argomento del bene (la "via" platonica)
- Osservazione: nel mondo, sperimentiamo un'immensa varietà di "beni" (cose utili, giuste, buone).
- Il problema della misura: come possiamo giudicare che una cosa è "più buona" o "meno buona" di un'altra? Per formulare questi giudizi relativi, dobbiamo avere in mente un criterio di misura assoluto, un Bene sommo.
- La causa: tutte le cose che sono buone in modo relativo (in modo partecipato) devono la loro bontà a qualcosa che è buono in sé stesso e per essenza.
- Conclusione: deve esistere un unico Sommo Bene (Dio), che è la causa di ogni bene particolare e che è buono in senso assoluto.
2. L'argomento dell'Essere (la "via" della causa efficiente)
- Osservazione: tutto ciò che esiste nel mondo esiste in virtù di qualcosa. Nulla si dà l'essere da solo.
- La causa dell'Essere: le cose esistono o "in virtù di altro" (causate) o "in virtù di sé" (causa di sé).
- Rifiuto del regresso infinito: è illogico pensare a una catena infinita di cause (A è causato da B, B da C, ecc.). Deve esserci un punto d'inizio.
- Conclusione: deve esistere un'unica Causa prima che dà l'essere a tutto il resto, ma che non riceve l'essere da nessuno. Questo è l'Essere per essenza (Dio).
3. L'argomento dei gradi di perfezione
- Osservazione: nel creato, osserviamo una gerarchia di nature. Gli esseri viventi sono "maggiori" (più perfetti) degli esseri inanimati; gli esseri senzienti sono "maggiori" dei vegetali; gli esseri razionali (l'uomo) sono "maggiori" degli animali.
- Il limite superiore: Questa scala gerarchica non può procedere all'infinito verso l'alto.
- Conclusione: deve esistere una Natura Somma, un culmine della gerarchia, che sia la più perfetta di tutte e che non sia inferiore a nessun'altra. Questa è Dio.
3. L'argomento ontologico: l'esistenza di Dio (Proslogion)
Questa è l'eredità filosofica più famosa e discussa di Anselmo. È un argomento a priori, cioè non parte dall'esperienza del mondo (come le prove a posteriori di Tommaso d'Aquino), ma da una definizione concettuale di Dio.
Il contesto
Nel Proslogion (Discorso), Anselmo cerca un'unica argomentazione (unum argumentum) che sia sufficiente da sola a dimostrare che Dio esiste e che è il sommo bene.
La definizione fondamentale
Anselmo definisce Dio come "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore" (id quo maiuscogitari nequit).
- Questa definizione è il motore dell'argomento. È una definizione che, secondo Anselmo, anche l'"insipiente" (lo "stolto" dei Salmi che "dice in cuor suo: Dio non esiste") può comprendere.
I passaggi dell'argomento
- L'esistenza nell'intelletto: anche lo stolto, quando sente la definizione "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore", capisce ciò che sente. E ciò che capisce esiste nel suo intelletto (in intellectu).
- La distinzione: esistere solo nell'intelletto (come un dipinto che un pittore sta solo immaginando) è diverso dall'esistere sia nell'intelletto che nella realtà (in re) (come il dipinto una volta realizzato).
- Il principio di maggiorità: è intuitivamente "maggiore" (più perfetto, più completo) esistere sia nella realtà che nell'intelletto, piuttosto che esistere solo nell'intelletto.
- La reductio ad absurdum (dimostrazione per assurdo):
- Ipotesi: supponiamo (come fa lo stolto) che "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore" esista solo nell'intelletto.
- Contraddizione: se così fosse, potremmo pensare a qualcosa di "maggiore": ossia, lo stesso essere che esiste anche nella realtà (in re).
- Conclusione: ma questo è assurdo. Staremmo pensando a qualcosa di "maggiore" di "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore", il che è una palese contraddizione logica.
- Risultato: l'ipotesi iniziale deve essere falsa. Pertanto, "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore" non può esistere solo nell'intelletto, ma deve esistere necessariamente anche nella realtà.
Il salto ontologico: l'argomento compie un "salto" dal piano logico/concettuale (il pensiero) al piano ontologico (l'essere).
4. La critica di Gaunilone e la risposta di Anselmo
L'argomento fu contestato immediatamente da un monaco contemporaneo di Anselmo, Gaunilone di Marmoutiers, nel suo Libro in favore dello stolto (Liber pro insipiente).
L'obiezione di Gaunilone (l'isola perfetta)
- Gaunilone attacca il "salto ontologico". Sostiene che, usando la stessa logica di Anselmo, si potrebbe dimostrare l'esistenza di qualsiasi cosa "perfetta".
- L'analogia: immaginiamo un'isola "perfetta" (o "più eccellente di tutte le altre"). Se questa isola esistesse solo nel mio intelletto, potrei pensarne una maggiore (una identica che esiste anche nella realtà). Dunque, per non cadere in contraddizione, quest'isola perfetta deve esistere.
- Il punto: questo è palesemente assurdo. Non possiamo "inventare" l'esistenza di un'isola solo pensandola come "perfetta". Gaunilone accusa Anselmo di confondere il pensare un oggetto con il dimostrare la sua esistenza reale.
La risposta di Anselmo (responsio)
Anselmo replica che Gaunilone non ha compreso la natura unica della sua definizione.
- Necessario vs. contingente: l'argomento funziona solo ed esclusivamente per Dio.
- Un'isola (o qualsiasi altro oggetto finito) è un essere contingente: possiamo sempre pensarla come non esistente senza cadere in contraddizione. Non c'è nulla nel concetto di "isola perfetta" che ne implichi l'esistenza necessaria.
- Dio, invece, è definito come "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore". Questo concetto implica l'esistenza necessaria. Nel Proslogion, Anselmo rafforza l'argomento: Dio non è solo "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore", ma è "ciò di cui non si può nemmeno pensare che non esista".
- L'esistenza, nel caso di Dio, non è un attributo accidentale (come per l'isola), ma è parte della sua stessa essenza. Pensare Dio come non esistente è logicamente impossibile, tanto quanto pensare un triangolo con quattro lati.
5. La critica di Kant all'argomento ontologico
Secoli dopo Anselmo, nel Settecento, il filosofo tedesco Immanuel Kant (nella sua Critica della ragion pura) sferrò quello che da molti è considerato l'attacco definitivo all'argomento ontologico in tutte le sue forme (inclusa quella di Cartesio).
Il punto chiave: "l'esistenza non è un predicato reale"
La celebre obiezione di Kant è che Anselmo (e poi Cartesio) tratta l'esistenza come se fosse una proprietà o una perfezione (un "predicato reale"), alla pari della bontà, dell'onnipotenza o della saggezza.
- Un predicato reale è qualcosa che aggiunge informazione al concetto di un soggetto, ampliandone la definizione. Se dico "la rosa è rossa", il predicato "rossa" aggiunge una qualità al mio concetto di "rosa".
- Per Kant, l'esistenza non fa questo. L'esistenza non è una qualità che si aggiunge a un concetto, ma è l'atto di posizionare quel concetto (con tutte le sue qualità) nel mondo reale.
L'esempio dei 100 talleri
Per spiegare questo punto, Kant usa il suo famoso esempio:
- Concetto: pensa a "100 talleri" (la moneta dell'epoca). Puoi definire questo concetto con tutte le sue proprietà: sono di metallo, rotondi, hanno un certo peso, un certo valore, ecc.
- Esistenza: ora confronta i "100 talleri possibili" (che hai solo in mente) con "100 talleri reali" (che hai in tasca).
- La domanda: c'è qualche differenza nel concetto? I 100 talleri reali hanno forse una proprietà in più rispetto a quelli pensati? No. Il concetto è identico.
- La conclusione: i 100 talleri reali non "contengono" nulla di più dei 100 talleri possibili. La differenza non è logica (nel concetto), ma ontologica (nella realtà). "Esistere" significa semplicemente che il concetto è instanziato nel mondo, non che al concetto si è aggiunta la "perfezione dell'esistenza".
L'applicazione ad Anselmo
Kant applica lo stesso ragionamento alla prova di Anselmo:
- Anselmo definisce Dio come l'essere con tutte le perfezioni (aliquid quo nihil maius cogitari possit).
- Poi include l'esistenza in questo pacchetto di perfezioni, sostenendo che un Dio non esistente sarebbe meno perfetto (meno "grande") di un Dio esistente.
- Per Kant, questo è un trucco logico. Stai solo definendo un concetto (l'Essere Perfetto) e stai includendo per definizione il concetto di esistenza al suo interno.
- Ma questo rimane un gioco di concetti. Il fatto che io pensi a un "Essere la cui essenza include l'esistenza" non dimostra affatto che questo Essere esista fuori dal mio pensiero.
In sintesi (Anselmo vs. Kant)
| Anselmo d'Aosta (Proslogion) | Immanuel Kant (Critica della ragion pura) |
|---|---|
| Definisce Dio come "ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore". | Accetta la definizione come un concetto logico. |
| L'esistenza in re (nella realtà) è "maggiore" dell'esistenza in intellectu (nel pensiero). | Nega questo. L'esistenza non è un grado di "grandezza" o una perfezione (un predicato). |
| Tratta l'esistenza come un predicato necessario dell'essenza di Dio. | Afferma che l'esistenza è la posizione (l'instanziazione) di un'essenza, non un predicato. |
| Conclusione: negare l'esistenza di Dio è una contraddizione logica (come negare che un triangolo abbia tre lati). | Conclusione: negare l'esistenza di Dio non è una contraddizione logica. |
| Se nego Dio (soggetto) e le sue perfezioni (predicati) insieme, non c'è nessuna contraddizione. La prova ontologica è una "mera tautologia": dice solo che se un essere perfettissimo esiste, allora esiste necessariamente. Ma non prova che esista. |
6. Confronto: Monologion (Anselmo) vs. quinque viae (Tommaso d'Aquino)
Questo è un confronto classico e cruciale nella storia della filosofia. Entrambi partono a posteriori (dal mondo), ma la loro impostazione metafisica è differente.
| Punto di confronto | Anselmo d'Aosta (Monologion) | Tommaso d'Aquino (Summa Theologiae) |
|---|---|---|
| Tradizione filosofica | platonico-agostiniana: l'accento è sui gradi di perfezione e sulla partecipazione. Le cose del mondo partecipano in misura minore alle perfezioni assolute (il Bene, l'Essere) che esistono in Dio. | aristotelico-tomista: l'accento è sulla causalità e sul movimento. Il mondo è analizzato attraverso le categorie aristoteliche (atto e potenza, causa efficiente, causa finale). |
| Struttura della prova | Scala gerarchica: si risale "verticalmente" da un grado inferiore di perfezione (bene relativo) a uno superiore (Bene assoluto). | Catena causale: si risale "orizzontalmente" (o all'indietro) nella catena delle cause (dal mosso al motore, dal causato alla causa) per evitare il regresso all'infinito. |
| Punto di partenza | Concetti/Valori: parte da osservazioni che hanno una forte connotazione valoriale o essenziale (la bontà delle cose, la dignità degli esseri). | Fatti fisici/metafisici: parte da dati di fatto empirici e innegabili (le cose si muovono, le cose nascono e muoiono, c'è un ordine). |
| Corrispondenze (Anselmo) | Prova dal Sommo Bene (Mon. 1) Prova dall'Essere (Mon. 2) Prova gerarchia (Mon. 3) |
Corrispondenze (Tommaso) |
| Confronto specifico delle Vie | ||
| Anselmo (Mon. 1): gradi di bontà. | ➡️ | Tommaso (Via 4): gradi di perfezione (simili) |
| Anselmo (Mon. 2): causa dell'esistere. | ➡️ | Tommaso (Via 2): causa efficiente (molto simili) |
| Anselmo (Mon. 3): gerarchia nature. | ➡️ | Tommaso (Via 4): confluisce nei gradi di perfezione. |
| (Assente in Anselmo) | ⬅️ | Tommaso (Via 1): via del movimento (aristotelica). |
| (Assente in Anselmo) | ⬅️ | Tommaso (Via 3): possibile e necessario. |
| (Assente in Anselmo) | ⬅️ | Tommaso (Via 5): via del fine (finalismo). |
In sintesi
- Anselmo nel Monologion usa argomenti a posteriori filtrati da una metafisica platonica (partecipazione, gradi di perfezione).
- Tommaso usa argomenti a posteriori basati su una metafisica aristotelica (causalità, atto/potenza, finalismo).
- Le vie di Tommaso sono più variegate e analiticamente distinte.
- È fondamentale ricordare che Tommaso d'Aquino rifiuterà esplicitamente l'argomento a priori del Proslogion. Per Tommaso, l'esistenza di Dio non è evidente per noi (anche se lo è in sé) e deve essere dimostrata solo partendo dagli effetti che vediamo nel mondo.
7. La teoria della soddisfazione (Cur Deus Homo?)
Oltre all'argomento ontologico, l'altro contributo capitale di Anselmo è la sua dottrina dell'espiazione, esposta nell'opera Cur Deus Homo? (Perché Dio si è fatto uomo?).
Il problema
Come può Dio, che è infinitamente giusto e infinitamente misericordioso, perdonare il peccato dell'uomo?
- Il peccato originale (la disubbidienza di Adamo) è un'offesa di gravità infinita, perché è un'offesa arrecata a Dio, che è un essere infinito.
- La giustizia divina esige una "soddisfazione" (una riparazione) proporzionata all'offesa. Senza questa riparazione, l'ordine dell'universo sarebbe violato.
- La misericordia divina desidera salvare l'uomo.
Il dilemma
- La riparazione deve essere compiuta da un uomo, perché è l'umanità che ha peccato.
- Ma nessun semplice uomo (un essere finito) può offrire una riparazione infinita per un'offesa infinita.
La soluzione (la necessità dell'Incarnazione)
La soluzione a questo dilemma logico e teologico è l'Uomo-Dio: Gesù Cristo.
- Solo un essere che fosse veramente Dio poteva offrire un sacrificio di valore infinito, sufficiente a "soddisfare" la giustizia divina.
- Solo un essere che fosse veramente uomo poteva compiere questa riparazione in nome dell'umanità peccatrice.
La morte di Cristo non è un "riscatto" pagato al diavolo (una teoria diffusa all'epoca), ma un atto volontario d'amore che ristabilisce l'ordine della giustizia divina, rendendo possibile il perdono misericordioso. Questa "teoria della soddisfazione" diventerà la base della soteriologia (dottrina della salvezza) cattolica e, in parte, protestante.
8. Conclusione ed eredità
Anselmo d'Aosta incarna il programma della prima Scolastica: un tentativo rigoroso e audace di usare gli strumenti della logica per penetrare i misteri della fede.
- Metodologicamente, ha stabilito la formula fides quaerens intellectum, che dominerà il pensiero medievale prima della sintesi tomista (dove ragione e fede avranno ambiti parzialmente distinti).
- Metafisicamente, il suo argomento ontologico (sebbene rifiutato da Tommaso d'Aquino) avrà una fortuna immensa, venendo ripreso e riformulato da figure come Cartesio, Spinoza, Leibniz e persino Hegel, e rimanendo un punto centrale di dibattito nella filosofia della religione.